I contratti di manutenzione di lunga durata possono esser dichiarati vessatori  By Mary

"il Giudice di Pace di Torino con cinque sentenze ( numeri 2884-2885-2886-2887 del 28 ottobre 1999 ) ha dichiarato risolti i contratti di assistenza decennale condannando il Condominio al pagamento in favore della ditta fornitrice ad una annualità del canone contrattuale.

Quali sono le motivazioni?
1) Un contratto di tale durata richiede necessariamente l’assenso dell’assemblea condominiale poiché esso proprio per la durata è da ritenersi esorbitante dalle normali attribuzioni dell’amministratore condominiale.
2) A sostegno di tale interpretazione il Giudice di Pace cita anche una precedente decisione emessa dalla procura di Bologna (28/11/1992 n.948) che ha introdotto il medesimo principio.
3) Il fatto che comunque il Condominio avesse accettato e retribuito le prestazioni della ditta fornitrice è da considerare come contratto di somministrazione di servizi avente cadenza annuale , rinnovabile tacitamente di anno in anno.
4) Ulteriore sostegno alla teoria della risoluzione del contratto decennale , è la legge 52/96 ; tale norma definisce come vessatorie tutte le clausole contrattuali disposte da uno dei due contraenti (il fornitore) che determinano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Una penale di 10 annualità è una clausola vessatoria!

E ancora….Tribunale di Pesaro sentenza 98/2000 oltre che per i motivi di cui sopra ha stabilito che “ il principio dell’appartenenza o dell’affidamento senza colpa , richiamato dall’attrice (la ditta manutentrice) è inapplicabile nella concreta fattispecie sia perché comuni regole di esperienza imponevano alla società attrice di verificare i poteri del rappresentante giusta l’art.1393 cod.civ. , sia perché questa elementare precauzione doveva essere una conoscenza acquisita da parte di una società che eroga servizi per la manutenzione degli impianti ascensore e che quindi stipula i contratti proprio con gli amministratori di Condominio”.

 

Recesso dal contratto manutenzione programmata di impianto condominiale

Tribunale civile di Pescara, 28 febbraio 2003, n. 1073/2003 (Giudice: dott. Angelo Angelini).

Un condominio è stato convenuto in giudizio da una ditta manutentrice di ascensori per il pagamento dell’importo previsto da un articolo del contratto che prevede, in caso di ‘disdetta’, la corresponsione di tutti i canoni concordati fino alla naturale scadenza del contratto.

La sentenza conferma, prima di tutto, un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui:

§          il “condominio” è qualificabile come “consumatore”, pertanto ad esso sono applicabili gli art. 1469bis e ss. del cod. civ.;

§          il contratto di manutenzione, essendosi rinnovato dopo l’entrata in vigore della l. 52/1996, è sottoposto alla disciplina di cui alla legge n. 52/1996 (clausole vessatorie nei contratti dei consumatori);

Il Giudice di Pescara ha, inoltre, affermato un  principio molto importante per quanto riguarda la somma che la ditta manutentrice chiede al momento della risoluzione del contratto che, nella maggior parte dei casi, ammonta a tutti i canoni residui fino alla scadenza contrattualmente prevista.

Il Tribunale, in riferimento al contratto sottoscritto dal condominio, ha affermato che:

§          “il contratto di appalto di servizi consente il libero recesso dal rapporto d’appalto ma impone al committente l’obbligo di continuare a corrispondere i canoni concordati per la manutenzione dell’impianto”;

§          “tale obbligo, sempre secondo la medesima clausola, soccorre anche nell’ipotesi in cui il committente [il condominio, n.d.r.] versi in colpa”;

§          “Stante tali disposizioni è agevole dedurre che effettivamente attraverso la clausola stessa si realizza uno squilibrio economico significativo in danno della parte recedente la quale è costretta a non poter esercitare il diritto di recesso dal rapporto essendo comunque costretta a continuare a corrispondere i canoni dovuti come se il contratto non fosse stato giammai disdettato;

§          “detto squilibrio in danno della parte committente prescinde addirittura da qualsiasi condizione soggettiva del contraente che recede che è obbligato a pagare i canoni accordati sia nell’ipotesi in cui egli versi in colpa, sia nell’ipotesi in cui non possa configurarsi alcun comportamento colposo;

§          “Quanto da ultimo considerato induce a ritenere che la clausola n. 13 non possa considerarsi alla stregua di una clausola penale poiché la stessa presuppone un inadempimento della parte obbligata a corrisponderla;

§          “Neppure poi può sostenersi che con la stessa sia stato previsto un corrispettivo del diritto a recedere dal rapporto in quanto, nella specie, il corrispettivo che pure avrebbe potuto pretendersi dalla controparte (art. 1373 c.c.) addirittura si identifica nella prestazione posta contrattualmente a carico del committente;

§          “Da tutti tali elementi è  da concludersi che la clausola di cui sopra (art. 13 del contratto) ha il solo scopo di tenere legato in modo irreversibile il contraente al contratto ricevendo così l’appaltatore [la ditta manutentrice, n.d.r.] un beneficio evidente e sproporzionato in quanto, a fronte del pagamento del corrispettivo concordato la società appaltatrice non deve affrontare alcun onere ricavandone addirittura un beneficio maggiore rispetto a quello derivante dall’esecuzione del contratto, ipotesi questa nella quale invece la società appaltatrice deve in ogni caso affrontare i costi del servizio da espletare ivi compresi i compensi ai dipendenti. Diversamente dovrebbe invece giudicarsi nell’ipotesi in cui la società appaltatrice, in presenza di recesso volontario ed incolpevole dal rapporto da parte del committente, si limitasse a pretendere un corrispettivo diverso da quello concordato e di importo inferiore al fine di compensare i costi generali necessari per la prestazione del servizio non solo nei confronti della parte recedente ma anche di tutti gli altri elementi committenti”;

§          “ciò posto e considerato, attesa la inefficacia della clausola n. 13 del contratto, nulla può pretendere l’attrice [la ditta manutentrice, n.d.r.] per l’anticipato recesso da parte del condominio convenuto”.

 

La Legge 6 febbraio 1996, n. 52, che ha recepito nell'ordinamento italiano
la Direttiva 93/13/CEE, del Consiglio del 5 aprile 1993, ha determinato l'inserimento
nel Codice Civile di una serie di articoli (1469 bis, ter, quater, quinquies
e sexies), organizzati nel Capo XIV bis, e dedicati alle clausole abusive
nei contratti stipulati con i consumatori. Sono considerate vessatorie le
clausole che, "malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore
un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal
contratto stipulato tra questi ed un professionista, inteso quale persona
fisica o giuridica, pubblica o privata, che nel quadro della sua attività
imprenditoriale o professionale utilizza un contratto avente ad oggetto la
cessione di beni o la prestazione di servizi". art.1469

In conformità con quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza
n. 10086 del 24.7.2001 il Condominio è giuridicamente qualificato quale
soggetto consumatore e, come tale, legittimato a invocare tutta la normativa
a favore dei consumatori prevista dal nostro Codice Civile.

Molti tribunali, poi, con diverse sentenze si sono già pronunciati a favore
del Condominio, ad esempio in merito ad alcune tipologie di contratti
stipulati dallo stesso con la ditta manutentrice del proprio ascensore.
Molti contratti, infatti, contengono clausole definite "vessatorie" ovvero
clausole che impediscono al consumatore di effettuare scelte libere e
consapevoli. Da ciò ne deriva che alcune aziende sottopongono ai propri
clienti contratti contenenti disposizioni lesive dei diritti fondamentali
del consumatore: tra le tante, ad esempio, l'imposizione di mantenere il
rapporto con la stessa società per lunghissimi periodi di tempo, pena il
pagamento di rilevanti penali, e con rinnovo tacito del contratto, con
richieste di canoni di manutenzione decisamente esorbitanti a fronte,
talvolta, di nessuna prestazione.

A questo proposito, il Tribunale di Bologna con la recente sentenza n.
1270/2007 ha nuovamente risolto positivamente per il condominio il
contenzioso tra l'attore, condomino dello stabile, e la
ditta manutentrice dell'impianto elevatore imputandole "canoni
indebitamente percepiti". La ditta, infatti, aveva fatto richiesta al
condomino di corrispondere della penale prevista dal contratto di
manutenzione per anticipata risoluzione dello stesso. La giurisprudenza in
materia ha, invece, stabilito da tempo che tale clausola penale ha carattere
vessatorio per cui il condomino può recedere il contratto senza pagare
nessuna penale.

Risulta inoltre che talune società, vedendosi recapitare la disdetta
anticipata del contratto per inadempienze del proprio servizio di
manutenzione, offrono lo stesso servizio applicando sconti di quasi il 50%
sui canoni precedentemente pretesi. Ciò dimostra che i prezzi applicati
ordinariamente da tali imprese sono del tutto ingiustificati e quindi lesivi
dei diritti del consumatore, nel caso sopraccitato del condomino.

Il Tribunale di Bologna, quindi, ha rigettato il ricorso della ditta
accogliendo l'opposizione del cliente-consumatore e condannando la ditta
manutentrice a corrispondere delle spese di lite.
 

 

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